Meditazione 4 aprile 2020

DEUTERONOMIO 6, 4-9; S. PAOLO APOSTOLO AGLI EFESINI 6, 10-19; VANGELO Mt 11, 25-30

Nel libro del Deuteronomio si racconta, fondamentalmente, il dialogo fra Dio e il suo popolo. Ma la voce di Dio è intesa come terribile, “una voce in mezzo alle tenebre, mentre il monte era tutto in fiamme” e perciò i responsabili, i capi tribù e gli anziani, chiedono a Mosé: “Avvicinati tu e ascolta quanto il Signore nostro Dio dirà e poi ci riferirai quanto ti avrà detto e noi lo ascolteremo e lo faremo”. Così il resoconto del dialogo si trasforma in lunghi discorsi che Mosé pronuncia al popolo, confermando le clausole dell’Alleanza e garantendo impegni di fedeltà che il popolo stesso pronuncia, incoraggiato dalle promesse e dalla verità del Signore. Così, alle soglie della terra promessa, Mosè annuncia le norme di comportamento di Israele di fronte a Dio e alla collettività, concludendo quindi con le benedizioni e le maledizioni. Oggi leggiamo un testo preziosissimo.

Viene ricordato l’atto di fede che l’ebreo pronunciava allora ed ancora oggi pronuncia, almeno 2 volte al giorno. Questo brano, Insieme con Dt 11,13-21 e Nm 15,37-41, costituisce la preghiera sinagogale degli Ebrei fino ai nostri giorni. Dopo la confessione di fede dell’unicità di Dio (“II Signore è uno”), viene svelato che Dio non ha rivali, perciò è vittorioso. Non può essere raffigurato perché non si abbassa ad essere visibile. Il solo suo amore costituisce il popolo solido, vivo e felice.
“Sicché dovrai amare”con tutto te stesso: con tutto il cuore, con tutta l’anima (sede del sentimenti e della vita), con tutte le forze (espressione di tutte le capacità dell’uomo). E per ogni componente della realtà umana si ricorda che l’amore deve essere vissuto in pienezza: il “tutto” è ripetuto tre volte. Ma anche per Dio c’è un “tutto”. Lo stesso verbo ebraico, quando viene usato come espressione della disponibilità di Dio, indica tutto l’amore gratuito, sponsale, materno e paterno di Javhè verso la sua nazione prediletta. L’impegno di fedeltà non è semplicemente un rapporto singolo, ma è un impegno di popolo che via via si costituirà nel tempo: elemento di continuità che si svilupperà nelle diverse generazioni attraverso l’educazione e l’insegnamento degli anziani verso i giovani. Perciò occorre che anche le nuove generazioni maturino questa fedeltà alla Parola di Dio, alla sua conoscenza, e alla sua trasmissione.